Recenti ricerche astronomiche hanno rivelato dettagli sorprendenti sulla galassia NGC 300, una piccola galassia che sfida le teorie consolidate sulla formazione delle galassie. L’osservazione di antiche stelle a bassa metallicità e di un ampio flusso stellare, esteso per oltre 100.000 anni luce, suggerisce che anche le galassie nane, come NGC 300, partecipano attivamente all’accrezione di massa dai loro dintorni. Questo fenomeno era precedentemente associato solo a galassie di dimensioni maggiori.
La Formazione delle Galassie e l’Assemblaggio Gerarchico
Un team di astronomi, guidato da Catherine Fielder dell’Università dell’Arizona, ha realizzato le immagini più dettagliate di NGC 300 e delle sue vicinanze. Queste osservazioni hanno rivelato caratteristiche tipiche delle galassie più grandi, offrendo un’opportunità unica per comprendere i meccanismi di formazione ed evoluzione delle galassie più piccole. I risultati suggeriscono che i processi di crescita galattica potrebbero essere più universali di quanto si pensasse.
- Tradizionalmente, si ritiene che le galassie crescano nel corso di miliardi di anni attraverso la fusione con galassie più piccole.
- Questo processo, noto come assemblaggio gerarchico, è ben documentato nelle galassie di grandi dimensioni.
- I flussi di stelle antiche e le stelle più vecchie disperse formano un alone stellare attorno al disco centrale di una galassia.
Secondo le teorie tradizionali, galassie più piccole come la Grande Nube di Magellano avrebbero meno opportunità di attrarre massa e fondersi con sistemi più piccoli. Comprendere come queste galassie acquisiscano massa rimane una questione aperta e di grande interesse per gli astronomi.
Scoperte dal DECam Local Volume Survey
Per approfondire queste tematiche, i ricercatori hanno utilizzato la Dark Energy Camera (DECam) sul telescopio Blanco da 4 metri, situato presso l’Osservatorio Interamericano Cerro Tololo in Cile. L’indagine ha analizzato 11 galassie nane, con particolare attenzione a NGC 300, che ha una massa simile a quella della Grande Nube di Magellano. Le osservazioni, parte del DECam Local Volume Survey (DELVE), hanno rivelato dettagli senza precedenti su NGC 300.

- NGC 300 ha un disco galattico che si estende per circa 94.000 anni luce.
- Contiene solo circa il 2% della massa stellare della Via Lattea.
- La sua posizione isolata la rende un candidato ideale per questo tipo di studio.
Questa posizione protegge NGC 300 dagli effetti di galassie massicce vicine, rendendola un “fossile cosmico”.
Scoperte Attorno a NGC 300
Fielder e il suo team hanno creato mappe stellari dettagliate attorno a NGC 300, scoprendo un vasto flusso stellare che si estende per oltre 100.000 anni luce. “Consideriamo un flusso stellare come un segnale rivelatore di accrezione di massa”, ha dichiarato Fielder. I risultati di questa ricerca saranno pubblicati in The Astrophysical Journal.
- Identificati schemi a guscio di stelle disposte in onde concentriche.
- Segni di un avvolgimento del flusso suggeriscono cambiamenti di direzione durante l’orbita attorno a NGC 300.
Fielder ha affermato che le caratteristiche osservate attorno a NGC 300 forniscono prove schiaccianti di accrezione di massa.
Comprendere l’Evoluzione Galattica
Il team ha scoperto un ammasso globulare di stelle povere di metallo, un’ulteriore prova di eventi di accrezione passati. Gli astronomi utilizzano il parametro di metallicità per valutare l’età delle popolazioni stellari. Le stelle povere di metallo sono considerate più antiche e raccontano una storia chiara.
- Le stelle attorno a NGC 300 sono antiche e povere di metallo.
- Queste strutture probabilmente derivano da una piccola galassia assorbita in NGC 300.
Questi risultati dimostrano che anche le galassie nane possono costruire aloni stellari attraverso l’accrezione, rispecchiando i modelli di crescita delle galassie più grandi. NGC 300 emerge come un esempio significativo di assemblaggio di aloni stellari guidato dall’accrezione, contribuendo a chiarire i meccanismi di crescita ed evoluzione delle galassie nell’universo.
Riferimenti
Il lavoro di Fielder e del suo team è stato supportato dalla National Science Foundation e i risultati sono stati accettati per la pubblicazione in The Astrophysical Journal.

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