Tracce di crema solare trovate nella neve artica: un segnale di preoccupazione

Uno studio rivela la presenza di sostanze chimiche emergenti nella neve artica, trasportate a lunga distanza e provenienti da creme solari. Le concentrazioni più elevate si riscontrano durante la deposizione invernale.

tubo cosmetico bianco con coperchio argentato su neve parzialmente sciolta su sfondo blu scuro

Il campionamento della neve è avvenuto su cinque diversi ghiacciai della penisola di Brøggerhalvøya. (Alexandra Morosanu/Shutterstock.com)

Uno studio recente ha rilevato tracce di crema solare nella neve al Polo Nord e sui ghiacciai dell’arcipelago di Svalbard, dimostrando che la purezza della neve artica non è più garantita. Negli ultimi decenni, sono stati trovati contaminanti ereditari negli ambienti artici, ma grazie agli sforzi e alle regolamentazioni internazionali, questi contaminanti sono diminuiti. Tuttavia, uno studio condotto da ricercatori dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, dell’Istituto di Scienze Polari – Consiglio Nazionale delle Ricerche d’Italia (CNR-ISP) e del Centro Universitario di Svalbard (UNIS) ha rivelato la presenza di una nuova categoria di sostanze chimiche chiamate Sostanze Chimiche di Preoccupazione Artica Emergente (CEACs) nella neve artica.

Lo studio è stato condotto tra aprile e maggio 2021, durante il quale sono stati raccolti campioni da cinque diversi ghiacciai della penisola di Brøggerhalvøya. I siti di raccolta variavano da quelli vicini agli insediamenti umani a luoghi remoti. I campioni hanno rivelato la presenza di sostanze chimiche mai identificate prima nella neve artica, come il Benzofenone-3, l’Octocrilene, l’Etilesil Metossicinnamato e l’Etilesil Salicilato.

Campionamento della neve a Ny-Ålesund, Svalbard. Notte buia. Artico. Struttura di ricerca sullo sfondo. Persona che campiona la neve con la luce.

Campionamento della neve a Ny-Ålesund, Svalbard. (Marco Vecchiato, CNR – Università Ca’ Foscari di Venezia)

Secondo Marianna D’Amico, una studentessa di dottorato in Scienze Polari presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e prima autrice dello studio, la presenza di questi contaminanti emergenti in aree remote può essere attribuita al trasporto atmosferico a lunga distanza. Le concentrazioni più elevate sono state trovate nella deposizione invernale, quando masse d’aria contaminate dall’Eurasia raggiungono più facilmente l’Artico. Ad esempio, i filtri UV utilizzati nelle creme solari sono stati identificati come una delle fonti principali di questi contaminanti. Le concentrazioni più elevate di questi contaminanti invernali possono essere ricondotte solo alle regioni continentali abitate a latitudini inferiori, poiché a Svalbard, durante la notte artica, il sole non sorge e non vengono utilizzate creme solari.

Secondo Marco Vecchiato, ricercatore in Chimica Analitica presso Ca’ Foscari e co-autore dello studio, è fondamentale capire come queste sostanze chimiche vengano trasportate e depositate nelle aree polari, soprattutto considerando le variazioni delle condizioni stagionali locali. Andrea Spolaor, ricercatore presso il CNR-ISP, ha sottolineato che queste condizioni stanno cambiando rapidamente a causa dei cambiamenti climatici, che avvengono quattro volte più velocemente nell’Artico rispetto al resto del mondo.

Lo studio svolto dai ricercatori italiani e norvegesi è di grande importanza per la protezione dell’ambiente artico e contribuirà ai programmi di monitoraggio. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Science of The Total Environment.

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