Gli Aztechi sfruttavano Sole e montagne come riferimenti per le stagioni e per la semina, lo studio

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Fonte: Pexels/Jose Lorenzo Muñoz

Lo studio delle civiltà antiche può aiutarci a riflettere sull’imprescindibile legame che abbiamo tuttora e che abbiamo sempre avuto con ogni elemento naturale che ci circonda, legame che purtroppo oggi sembra essere dimenticato, quando invece rimane la base per la nostra sopravvivenza. Di questo, gli Aztechi erano profondamente consapevoli. Uno studio dell’Università di Riverside in California, pubblicato sulla rivista dell’Accademia Americana delle Scienze (Pnas), ha approfondito l’utilizzo di Sole e montagne da parte degli Aztechi per individuare il cambio delle stagioni e, dunque, i momenti più propizi per poter seminare.

Lo studio, guidato da Exequiel Ezcurra, ha esaminato la struttura di alcuni templi aztechi in Messico e la loro posizione in relazione alle montagne circostanti. Ad esempio il Templo Major di Città del Messico sembra che venisse utilizzato come punto di osservazione fisso rispetto determinate montagne individuate come riferimenti: difatti, dal tempio si poteva osservare come, nel giorno del solstizio d’inverno, il Sole sorgesse precisamente dietro la cima del monte Tehuicocone; nel giorno del solstizio d’estate, invece, il Sole emergeva dietro il sito archeologico di Tepetlaoxtoc, mentre durante gli equinozi esso comparisse dietro la cima del monte Tlaloc. “Questi risultati confermano che, anche senza gli strumenti celesti usati dagli europei al momento del loro arrivo” -spiegano i ricercatori- “le persone nel bacino del Messico potevano mantenere un calendario estremamente preciso che avrebbe consentito aggiustamenti dell’anno bisestile semplicemente utilizzando osservazioni sistematiche dell’alba contro le montagne orientali del bacino del Messico”.

Gli Aztechi che abitavano presso il monte Tlaloc erano dunque riusciti a segnare la posizione del Sole durante tutto l’anno, realizzando così un calendario attraverso lo studio della geografia del loro territorio. Questo calendario gli consentiva di capire con molta più precisione il periodo migliore in cui poter seminare una tipologia di pianta rispetto ad un’altra, evitando così perdite sul raccolto. “Piantare troppo presto, seguendo il segnale di una prima pioggia casuale può essere disastroso se la vera stagione delle piogge poi non continua – spiega Ezcurra – aspettare di piantare tardi, dopo che la stagione dei monsoni è chiaramente iniziata, può invece esporre il campo di mais, o milpa, a una stagione di crescita eccessivamente breve mettendo il raccolto in competizione con le erbacce già germogliate”.