Dislessia e balbuzie: differenza, sintomi e terapia

Le due patologie, sia in Italia che nel mondo, sono molto più comuni di quanto si pensi

La dislessia è una patologia che comporta difficoltà nel linguaggio e nella capacità di leggere e scrivere. In Italia colpisce circa un milione e mezzo di individui e, nel mondo, tra il 5 e il 15% della popolazione. Nell’insorgenza della malattia sembra che vi sia un interessamento genetico. Questa la conclusione presentata nell’aprile 2003 da Juha Kere dell’Università di Helsinki. È stata individuata una mutazione genica che ricorre nel 10% dei dislessici e solo nel 2-3% dei soggetti sani. La dislessia si manifesta nei primi anni di scuola: difficoltà di apprendimento, difficoltà del leggere e scrivere in modo continuo e fluente. Il bambino dislessico spesso è in grado di leggere, ma non riesce a farlo in modo continuo, il che rende più faticoso l’apprendimento. La diagnosi deve essere accertata da uno specialista del linguaggio (logopedista), da uno psicologo e da un neuropsichiatria infantile.

Dislessia e balbuzie: differenza, sintomi e terapia

La balbuzie, è anch’essa una patologia del linguaggio, caratterizzata da rapide ripetizioni di elementi del discorso. È presente in circa l’1% della popolazione e sembra essere più comune fra i maschi, i gemelli e i mancini. Esitazioni e ripetizioni sono normali fra i due e i quattro anni d’età, ma in genere spariscono entro i sei anni, eccetto che in momenti di particolare stress. La causa della balbuzie non è ancora certa: alcuni studiosi la attribuiscono a fattori psicologici, mentre altri ritengono che essa sia di natura organica. Qualunque sia l’origine comporta, comunque, un problema di ordine psicologico. Prima di parlare, il balbuziente, viene colto da ansia che non può che aggravare il suo difetto. La terapia della balbuzie comprende quasi sempre una qualche forma di psicoterapia. Risultano utili i comuni esercizi di logopedia (terapia del linguaggio), sebbene le ricadute siano frequenti e gli esercizi vadano continuati anche dopo la scomparsa del disturbo.