Siberia: lo scongelamento dei ghiacci moltiplicherà le epidemie di antrace

I batteri congelati nel permafrost tornano alla luce con lo scioglimento del ghiaccio.

Il cambiamento climatico può favorire lo sviluppo di epidemie potenzialmente letali per l’uomo; un dato di fatto ulteriormente confermato nella pandemia di COVID-19 che sta interessando il nostro pianeta. Ma il legame risulta particolarmente pericoloso in Siberia dove lo scongelamento dei ghiacci, provocato dalle temperature sempre più alte, ha innescato il rilascio di microrganismi molto pericolosi per l’uomo. E’ il caso dell’antrace, un batterio in grado di uccidere sia gli uomini che gli animali. Una ricerca di un team di studiosi dell’Università Ca’ Foscari Venezia, dell’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche e del Politecnico di Milano ha portato gli scienziati allo sviluppo del primo modello matematico sulla diffusione del batterio dell’antrace nelle zone artiche. I dati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports. Nello studio gli esperti hanno sottolineato come il pericolo risulti legato più alla durata della stagione calda rispetto alla profondità di scongelamento del terreno.

Era il 2016 quando, in Siberia, morirono oltre 2.300 renne ed un giovane di 23 anni. L’episodio, verificatosi nella penisola del Taymyr, ha confermato la pericolosità delle spore del batterio, in grado di diffondersi sul suolo dalle carcasse degli animali e sopravvivere per lungo tempo nello strato di permafrost congelato. Quando le temperature aumentano, le spore ritornano a liberarsi nel terreno infettando gli erbivori al pascolo. E sono proprio gli animali a contagiare successivamente gli indigeni, il cui sostentamento si basa sulla pastorizia. “Gli animali da pascolo – sottolinea Enrico Bertuzzo, docente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia – risultano maggiormente esposti durante il pascolo estivo, quando il ritmo di scongelamento del permafrost è maggiore e prolungato nel tempo”. Il pericolo è anche legato alla mancanza di una mappatura delle sepolture degli animali morti.Questo – sottolineano gli esperti – espone i pastori rischio di attraversare aree contaminate”.