Quando Giove inondò di radiazioni le sue lune

Un Giove appena nato irradiò i suoi satelliti provocando la evaporazione del ghiaccio di Io ed in parte di Europa.

Un piccolo e ancora molto giovane Giove, ancora surriscaldato, proiettava una luce così intensa da vaporizzare l’acqua e privarle delle sostanze volatili. A rivelarlo è una nuova ricerca che indica come questa irradiazione del passato potrebbe spiegare la diversa composizione di Io, Europa, Ganimede e Callisto. Queste quattro lune presentano una costante: più si allontanano da Giove, minore è la loro densità e maggiore è la loro percentuale di ghiaccio d’acqua. Callisto, il corpo più pesantemente craterizzato del Sistema Solare, è all’incirca metà roccia e metà ghiaccio, mentre Io ha meno ghiaccio di qualsiasi altro corpo del Sistema Solare. Un team di astronomi guidato dallo scienziato planetario Carver Bierson dell’Arizona State University ha presentato le sue scoperte alla 54a Lunar and Planetary Science Conference. Gli astronomi credono che quando Giove era nelle sue fasi finali di formazione, abbia assorbito l’ultimo frammento di materiale dal disco di gas e polvere che un tempo lo circondava. Le lune galileiane, disposte attorno all’equatore gioviano, si siano formate da questo disco, come un sistema planetario in miniatura. Quando il disco si è dissipato, Giove appena brillava intensamente, più di 10.000 volte più luminoso di quanto risplenda oggi. Non era ancora così brillante come una stella, ma è abbastanza luminoso che le due lune galileiane più interne, Io ed Europa, sarebbero state inondate di radiazioni, più intense della luce ricevuta dal Sole. Bierson e i suoi colleghi hanno condotto modelli al computer per determinare l’effetto che questa irradiazione avrebbe avuto sulle piccole lune, supponendo che Io – ora il corpo più vulcanico del Sistema Solare – una volta avesse una quantità significativa di ghiaccio d’acqua appena dopo la sua formazione.

Quando Giove inondò di radiazioni le sue lune

Il team ha utilizzato anche le attuali posizioni delle lune galileiane rispetto a Giove, anche se probabilmente miliardi di anni fa erano più vicine al pianeta. Ciò significa che la quantità di radiazioni in cui erano immerse era probabilmente superiore ai modelli trovati, il che potrebbe significare che gli effetti di quella radiazione si sono verificati più rapidamente nella realtà. “Crediamo“, scrivono nel loro documento della conferenza , “che durante i primi milioni di anni dopo la sua formazione, Io avrebbe potuto avere temperature di equilibrio superiori a 26,85 gradi a causa della radiazione gioviana. Non sembra molto caldo – corrisponderebbe ad una bella giornata mite, qui sulla Terra – ma sarebbe sufficiente per sciogliere qualsiasi ghiaccio superficiale, producendo oceani significativi che, a loro volta, avrebbero generato un’atmosfera di vapore acqueo. Ancora oggi, Io non riesce a trattenere i gas nella sua atmosfera, prodotti dalla sua prolifica attività vulcanica. Ai tempi in cui la luna si era appena formata, la fuga atmosferica sarebbe avvenuta allo stesso modo, facendo fuoriuscire quel vapore acqueo nello spazio e lasciando Io più arido di qualsiasi altro oggetto nel Sistema Solare. L’effetto su Europa sarebbe stato inferiore a quello osservato per Io ed avrebbe consentito al satellite di conservare parte della sua acqua. Ganimede e Callisto, le lune galileiane più distanti da Giove, hanno percentuali più o meno simili di ghiaccio e roccia; sarebbero rimasti in gran parte inalterati dall’irradiazione iniziale.