Campi Flegrei, gli esperti osservano indebolimento della crosta: ‘Non esclusa eruzione’

I Campi Flegrei, in Campania, mostrano da diversi decenni preoccupanti segnali di ripresa. Il supervulcano è responsabile delle più grandi eruzioni che si sono verificate nel continente europeo

Studi scientifici lo avvertono da decenni. I Campi Flegrei, il più grande supervulcano d’Europa, si sta riattivando e sembra prepararsi ad una futura eruzione. I Campi Flegrei sono un’enorme caldera vulcanica di circa 14 chilometri di diametro che ha 24 diversi crateri, molti dei quali sott’acqua. L’ultima volta che ha scatenato la sua furia è stato quasi 500 anni fa, ma le prove che potrebbe “risvegliarsi” di nuovo sono in costante aumento. Molti credono che un supervulcano sia simile a un vulcano convenzionale, solo molto più grande. Ma non è così. Si tratta di vaste aree attive dal punto di vista vulcanico, formate da un’eruzione abbastanza potente che in passato ha fatto collassare un vulcano su se stesso, lasciando un grande cratere e un paesaggio ricco di geyser, attività idrotermale e acido solforico. Yellowstone, negli Stati Uniti, è un esempio di questo tipo di vulcani. La storia di questo supervulcano, ovviamente, non è affatto rassicurante. C’è infatti chi lo considera addirittura responsabile dell’estinzione dei Neanderthal, e i suoi ‘risvegli’ rappresentano gli eventi vulcanici più distruttivi che l’Europa abbia conosciuto. La caldera del supervulcano è sorta, 39.000 anni fa, dalla più grande eruzione che il vecchio continente abbia visto negli ultimi 200.000 anni. Durante quell’evento i Campi Flegrei espulsero fino a 200 chilometri cubi di magma e rilasciarono cenere su un’area di 3,7 milioni di chilometri quadrati, cosa che si è ripetuta anche in tempi più recenti, circa 15.000 anni fa, con un’altra eruzione di grandezza quasi identica proporzioni. Oltre, ovviamente, ad altre 21 eruzioni ‘minori’, la più recente delle quali, quella del 1538, fu ancora sufficientemente potente da creare una nuova montagna, il cosiddetto Monte Nuovo, ma con danni tutto sommato limitati. Ora, un nuovo studio, condotto questa volta da ricercatori dell’UCL (University College London) e dell’Istituto nazionale di ricerca per la geofisica e vulcanologia (INGV), sottolinea che il supervulcano è diventato “più debole e più incline a una rottura” , il che rende più probabile un’eruzione. Il lavoro è pubblicato oggi su ‘Nature Communications Earth & Environment’. Dopo l’eruzione del 1538 il supervulcano ha attraversato una fase tranquilla, anche se negli ultimi 70 anni è stato protagonista di vari sismi negli anni ’50, ’70, ’80 e negli ultimi dieci anni. In questi periodi si sono verificati decine di migliaia di piccoli terremoti e la città costiera di Pozzuoli si è già innalzata di quasi 4 metri, con una media di circa 10 centimetri all’anno solo nell’ultimo decennio.

Non a caso, nel 2017 gli scienziati hanno individuato, proprio sotto Pozzuoli, una delle sorgenti di magma che alimentano la grande caldera e ne aumentano gradualmente la pressione. Come spiega Christopher Kilburn, autore principale dello studio, “Il nostro nuovo lavoro conferma che i Campi Flegrei si stanno avvicinando alla rottura. Tuttavia, ciò non significa che un’eruzione sia sicura. La rottura può creare una crepa nella crosta, ma il magma deve ancora sollevarsi nel punto giusto perché si verifichi un’eruzione“. Per la loro ricerca, gli scienziati hanno applicato per la prima volta un modello che consente di conoscere, in tempo reale, come si fratturano le rocce di un vulcano. Per Kilburn, “Questa è la prima volta che applichiamo il nostro modello, che si basa sulla fisica di come le rocce si rompono, in tempo reale in qualsiasi vulcano. Il nostro primo utilizzo del modello risale al 2017, e da allora i Campi Flegrei si sono comportati come previsto, con un numero crescente di piccoli terremoti che indicano una pressione proveniente dal basso. Ora dovremo adattare le nostre procedure per stimare le possibilità che si aprano nuove rotte affinché il magma o il gas raggiungano la superficie. Il nostro studio è il primo del suo genere a prevedere la rottura di un vulcano attivo”.I nostri risultati – spiega Nicola Alessandro Pino dell’Osservatorio Vesuviano – mostrano che alcune parti del vulcano si stanno indebolendo. Il che significa che potrebbe rompersi anche se le sollecitazioni registrate sono inferiori rispetto all’ultima crisi di 40 anni fa“. I terremoti causati dal vulcano si verificano quando le faglie scivolano a causa dell’allungamento della crosta. E lo schema dei terremoti dal 2020 suggerisce che la roccia stia rispondendo in modo anelastico. In altre parole, invece di piegarsi, si spezza.

Deformazione della crosta

Secondo Stefania Danesi, un’altra delle autrici dello studio, “non possiamo vedere cosa sta succedendo nel sottosuolo. Invece, dobbiamo capire gli indizi che il vulcano ci dà, come i terremoti e gli sconvolgimenti del suolo“. Nel documento appena pubblicato, i ricercatori spiegano che l’effetto dei movimenti prodotti dagli anni ’50 è cumulativo, il che significa che un’eventuale eruzione potrebbe essere preceduta da segnali relativamente deboli, come un tasso più lento di sconvolgimento del suolo e meno terremoti. Questo è stato il caso dell’eruzione della caldera di Rabaul in Papua Nuova Guinea nel 1994, preceduta da piccoli terremoti che si sono verificati a un decimo della velocità che avevano durante la crisi del decennio precedente. In ogni caso secondo lo studio, è molto probabile che la resistenza alla trazione odierna dei Campi Flegrei (la massima sollecitazione che un materiale può sopportare prima di rompersi quando viene stirata) sia circa un terzo di quella che era nel 1984. Nonostante i sintomi, tuttavia, l’eruzione potrebbe non verificarsi affatto. “La stessa cosa accade in tutti i vulcani che tacciono da generazioni”, dice Stefano Carlino dell’Osservatorio Vesuviano. ”I Campi Flegrei – aggiunge – potrebbero forse adattarsi a una nuova routine di dolce ascesa e discesa, come si è visto in vulcani simili in tutto il mondo. Non possiamo ancora dire con certezza cosa accadrà. L’importante è essere preparati a tutte le eventualità“.

Fonte:

https://www.nature.com/articles/s43247-023-00842-1