Record di infezione da COVID-19 prolungata: uomo infetto per 613 giorni

Un uomo nei Paesi Bassi è stato infettato da COVID-19 per 613 giorni, con evoluzione virale interna. Il caso evidenzia rischi e implicazioni delle infezioni prolungate.

Stampa 3D di una proteina spike sulla superficie di SARS-CoV-2, anche conosciuto come 2019-nCoV, il virus che causa COVID-19. Le proteine spike coprono la superficie di SARS-CoV-2 e consentono al virus di entrare e infettare le cellule umane.
Il sequenziamento rivela che il virus ha acquisito oltre 50 mutazioni, incluso nella proteina spike che lo aiuta ad invadere le nostre cellule. (NIH tramite Flickr (dominio pubblico))

Un uomo nei Paesi Bassi è stato infettato da COVID-19 per più di un anno e mezzo, stabilendo così il record per l’infezione da COVID più lunga mai registrata, durata 613 giorni. Durante questo periodo straordinariamente prolungato, il virus è riuscito a evolversi in una nuova variante all’interno del suo corpo.

Il paziente, un uomo di 72 anni con una storia clinica complessa, aveva subito un trapianto di cellule staminali per un cancro del sangue e successivamente era stato diagnosticato con linfoma diffuso a grandi cellule B. A causa della sua immunocompromissione dovuta alla terapia per il linfoma, il COVID-19 rappresentava un grave rischio per la sua salute.

Dopo aver contratto il virus nel febbraio del 2022, il paziente è stato trattato con anticorpi monoclonali e steroidi, ma purtroppo i farmaci non hanno avuto successo e l’infezione è diventata persistente. Nonostante avesse ricevuto diversi vaccini COVID prima dell’infezione, non ha sviluppato una risposta anticorpale.

Le complicazioni legate alla sua salute sottostante hanno impedito al sistema immunitario del paziente di eliminare il virus, che ha continuato a persistere per oltre 600 giorni, portando a ricoveri ospedalieri ripetuti. Dopo soli 21 giorni dal primo trattamento, sono emerse le prime segnalazioni di mutazioni virali.

Il sequenziamento ha rivelato che il virus aveva acquisito mutazioni, tra cui alcune nella proteina spike, che indicavano un adattamento per evitare il sistema immunitario umano. Nonostante la lunga battaglia contro l’infezione, non ci sono prove che il ceppo altamente mutato abbia infettato altre persone nella comunità.

Purtroppo, nel ottobre del 2023, il paziente è deceduto a causa di una ricaduta della sua malattia sottostante. Le infezioni persistenti da SARS-CoV-2, sebbene rare, sono un fenomeno riconosciuto, con alcune ricerche che suggeriscono una persistenza fino a un mese in circa il 3% dei casi.

Le infezioni prolungate rappresentano un rischio potenziale in quanto consentono al virus di replicarsi e evolversi nel corpo, aumentando la possibilità di mutazioni di fuga immunitaria. Questo fenomeno potrebbe aver contribuito all’emergenza della variante Omicron.

Anche se le infezioni prolungate sono più comuni nei pazienti immunocompromessi, rappresentando una piccola percentuale della popolazione generale, è fondamentale monitorarle attentamente e fornire il miglior supporto possibile ai pazienti che affrontano già altre problematiche mediche.

Il caso di questo uomo verrà presentato alla prossima conferenza globale ESCMID 2024, insieme ad altri casi di infezioni prolungate in pazienti immunocompromessi, evidenziando la necessità di approfondire la comprensione di questo fenomeno e migliorare le strategie di gestione.

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