Nube radioattiva di rutenio-106 del 2017: contaminazione record in Europa e Asia

L’estensione della nube di rutenio-106 è stata una delle più vaste mai registrate. La concentrazione della sostanza non desta preoccupazione.

I primi giorni di agosto, a poche ore dall’incidente nella base militare di Nyonoksa, una ricerca resa nota sulla rivista PNAS e realizzata dall’università TU di Vienna mostrava come una nube radioattiva aveva percorso parte dell’Europa nel 2017. Dalla data dell’incidente poco o nulla è trapelato dal luogo di origine della formazione: la Russia. Lo studio, realizzato da un team di ricercatori guidati da Dieter Hainz e Paul Saey, ha analizzato, ora, le caratteristiche della nube e la distribuzione nell’ambiente. Le analisi, realizzate attraverso una rete di stazioni sparse per il Vecchio Continente, ha consentito di individuare l’origine della formazione: gli Urali. E’ l’impianto di trattamento di rifiuti nucleari di Majak all’origine dell’incidente, una struttura localizzata a sud degli Urali. Da quel sito gli esperti si dicono convinti che si sia verificata una fuoriuscita di una nube radioattiva di rutenio-106.

La mappa realizzata per analizzare la diffusione del rutenio-106 ha destato stupore tra gli scienziati. Ad essere coinvolta, oltre all’area di origine, è stata anche l’Europa e la penisola arabica. In pratica il materiale prodotto dall’incidente ha coinvolto una zona maggiore rispetto al disastro nucleare di Fukushima del 2011. Ma per quale motivo nessuno ha saputo dell’incidente? Il motivo è da ricercare nella bassa concentrazione di radioattività, non un pericolo per l’uomo. Secondo i ricercatori la nube non è stata prodotta dall’esplosione di un reattore, come nel caso di Chernobyl, ma da un incidente in un impianto di ritrattamento nucleare. Il tutto sarebbe accaduto tra il 25 ed il 26 settembre a Majak. I risultati delle misurazioni mostrano un’estensione geografica record della nube di rutenio, misurata in ben 176 stazioni in 29 paesi del mondo. La concentrazione più alta è stato di 176 millibecquerels per metro cubo, un valore pari a cento volte quello registrato in Europa, a seguito di Fukushima; un diffusione non dannosa per l’uomo anche perché durata pochi giorni. In ogni caso lo studio ha consentito di escludere varie scenari e introdurre i più probabili, come il ritrattamento di rifiuti nucleari al di là degli Urali.