Urano: due satelliti stanno emettendo ‘materiale’ nello spazio

Il fenomeno potrebbe essere dovuto alla presenza di un oceano sotterraneo su Miranda e Ariel.

Secondo una nuova ricerca, due satelliti di Urano, Miranda e Ariel, potrebbero avere oceani attivi che stanno immettendo materiale nello spazio. A raccogliere i primi dati del sistema di Urano è stata la navicella Voyager 2 della NASA che si è avvicinata al pianeta quasi quarantanni fa. I nuovi dati supportano anche l’idea che le cinque maggiori lune di Urano potrebbero avere oceani subsuperficiali, una teoria suggerita dalle osservazioni della sonda Voyager 2. Il team di esperti ha analizzato le radiazioni e i dati magnetici registrati dal veicolo spaziale nel 1986, molto prima che fuoriuscisse dal Sistema Solare. I dati appena riportati di Voyager 2, ad oggi l’unico veicolo ad essersi avvicinato ad Urano, hanno dimostrato che uno o due satelliti naturali conosciuti del gigante di ghiaccio stanno sprigionando particelle di plasma nel sistema di Urano. Questa scoperta è avvenuta sotto forma di particelle energetiche “intrappolate” che il veicolo spaziale ha scoperto mentre si allontanava dal pianeta.

Urano: due satelliti stanno emettendo ‘materiale’ nello spazio

Il fenomeno attraverso il quale Miranda e o Ariel potrebbero farlo non è ad oggi ancora conosciuto, ma c’è una possibile spiegazione: uno o entrambi i satelliti potrebbero nascondere un oceano allo stato liquido al di sotto della crosta ghiacciata che sta attivamente espellendo pennacchi di materiale nel cosmo. Simili fenomeni sono stati osservati intorno a Nettuno e ai giganti gassosi Giove e Saturno. Nel caso di Giove è Europa a sprigionare il materiale mentre per Satuno si tratta di Encelado. “Non è raro che le misurazioni di particelle energetiche indichino la presenza di un mondo oceanico” ha spiegato lo scienziato autore della ricerca Ian Cohen, del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory. “Da alcuni anni sosteniamo che le misurazioni delle particelle energetiche e del campo elettromagnetico abbiano un ruolo importante non solo per capire l’ambiente spaziale, ma anche per contribuire alla più ampia indagine scientifica planetaria,” ha spiegato Cohen.