Lo ‘scivolamento di faglia’ potrebbe aiutare a prevedere i terremoti. Lo studio

Nella ricerca pubblicata su Science gli esperti hanno dimostrato, grazie ai rilevamenti Gps, che i maggiori eventi sismici siano stati preceduti da un’accelerazione dello scivolamento della faglia che può verificarsi fino a due ore prima del terremoto.

Giovedì scorso, un articolo pubblicato sulla rivista Science ha rivelato che circa due ore prima di un terremoto, il terreno sembra muoversi senza provocare tremori rilevanti. La scoperta potrebbe rappresentare un passo nella direzione della previsione dei terremoti. Fino ad oggi, la comunità scientifica ha sostenuto che i terremoti sono impossibili da prevedere perché la crosta terrestre non fornisce alcun indizio rilevabile prima che si rompa. Ma il nuovo studio suggerisce che potrebbero effettivamente esserci prove concrete che qualcosa sta accadendo, prima dell’evento. Ciò non significa che sappiamo come prevedere i terremoti, ma che sarebbe fisicamente possibile. Questo movimento che precede il terremoto è chiamato dagli autori di scivolamento sismico, e presenta modelli simili per molti aspetti a quelli osservati nei terremoti più piccoli che si verificano prima di grandi scosse. La sfida – come sottolineano gli autori – è che, dopo ogni terremoto, c’è solo una probabilità del 5% che ne accada uno più grande, quindi non è mai del tutto chiaro se uno di questi tremori più piccoli sarà effettivamente seguito da uno più grande o meno.

Lo ‘scivolamento di faglia’ potrebbe aiutare a prevedere i terremoti. Lo studio

Una frana sismica, ad esempio, può spostare il terreno alla stessa velocità di un terremoto, ma è graduale perché non provoca scosse o tremori. In ogni caso, il movimento è abbastanza significativo da consentire ai ricercatori di rilevarlo utilizzando i sensori GPS. Ad oggi i dati della ricerca non appaiono sufficientemente solidi per affermare con sicurezza che lo scivolamento della faglia possa essere considerato un segnale premonitore, visto che l’analisi è risultata coerente per 58 scosse su 90. Resta da capire, inoltre, se sia possibile applicare la previsione ai terremoti di tipo compressivo, come quelli analizzati principalmente dallo studio, oppure anche alle scosse estensive come quelle che si verificano, ad esempio, in Italia lungo la dorsale appenninica.

Fonte: https://www.science.org/doi/10.1126/science.adg2565