Scoperta in montagna macchina fotografica con le immagini di una tragica spedizione di 50 anni fa

Insieme alla macchina fotografica furono ritrovati gli effetti personali di Janet Johnson, morta nel 1973 insieme all’altro membro del gruppo di alpinisti americani che aspirava a scalare la vetta dell’Aconcagua.

Un gruppo di alpinisti ha trovato sull’Aconcagua, la montagna argentina più alta del Sud America, la macchina fotografica dell’americana Janet Johnson, che morì durante la scalata, nel 1973. La fotocamera Nikomat da 35 millimetri con 24 foto all’interno è stata ritrovata nel febbraio 2020 a seguito dello scioglimento di un ghiacciaio insieme ad altri effetti personali dell’alpinista, riaccendendo i riflettori sugli eventi della tragica spedizione di 50 anni fa. Sabato scorso, il New York Times ha pubblicato le immagini scattate da Johnson, che potrebbero far luce sulle ultime ore della sua vita. La macchina fotografica, in una custodia di pelle con il nome del proprietario, era ben conservata nel ghiaccio. Le immagini, rivelate dopo quasi mezzo secolo, mostrano bellissimi paesaggi montani e fotografie di Johnson e di altri membri della spedizione come Bill Zeller e Arnold McMillen. Ad essere scoperti anche il braccio di Johnson e il suo zaino, pieno di attrezzatura, con all’interno due lattine di alluminio e la pellicola fotografica. Le ultime fotografie dell’alpinista sono state scattate poche ore prima della sua morte, suggerendo che in quel momento aveva sufficiente controllo del proprio corpo per mettere a fuoco l’obiettivo e tenere ferma la fotocamera per scattare foto nitide. Tuttavia, le foto non hanno aiutato a risolvere il mistero della morte di Johnson.

La spedizione iniziò nel gennaio 1973, quando un gruppo di otto americani, una guida, Miguel Alfonso, e un direttore del campo base, Roberto Bustos, iniziò la salita. Tuttavia, più salivano, più il gruppo si disperdeva. Alla fine, dopo tre membri del gruppo rimasero al Campo 1, a una quota di circa 5 chilometri, gli altri cinque con la guida si spostarono al Campo 2, a una quota di circa 5,5 chilometri, e poi al Campo 3. Tuttavia, uno dei membri del gruppo si ammalò e Alfonso finì per scendere dalla montagna con lui, lasciando Zeller, Johnson, McMillen e John Cooper, un ingegnere della NASA, a camminare da soli fino alla cima. I quattro alpinisti, che non avevano abbastanza esperienza per scalare da soli la montagna, incontrarono notevoli difficoltà durante la loro ascesa, comprese le condizioni meteorologiche molto variabili. Alla fine, durante la salita, Cooper sentì che non poteva più continuare e decise di ritornare a piedi, nessuno degli altri tre membri del gruppo andò ad accompagnarlo e infine morì sul ghiacciaio. I tre continuarono la salita, ma tornarono indietro quando Johnson si ammalò. McMillen si spinse avanti per chiedere aiuto, mentre Zeller e Johnson scesero insieme separandosi, a detta di Zeller, dopo aver superato il tratto più difficile. Johnson non tornò mai al campo. Il corpo di Cooper fu trovato alla fine del 1973 da una spedizione di ricerca, mentre quello di Johnson non fu scoperto fino al 1975. Secondo una teoria, la morte dell’uomo potrebbe essere stata la conseguenza di un incidente in cui sarebbe caduto con la piccozza e si sarebbe ferito gravemente, prima di crollare e morire congelato, ma alcune testimonianze da parte dei membri del gruppo, e una serie di altre ipotesi, lasciano dubbi sulla veridicità della versione. Nel caso di Johnson, le circostanze della sua morte rimangono un mistero e rimane la possibilità che la sua morte sia stata violenta.