Geoingegneria per il clima: disidratare la stratosfera per raffreddare la Terra

Ricerca sul possibile raffreddamento globale attraverso la disidratazione della stratosfera per ridurre il vapore acqueo, con limiti e controversie.

Una vista dell'atmosfera blu della Terra sopra maestosi nuvole
La troposfera, la regione più bassa dell’atmosfera, contiene il 99 percento del vapore acqueo nell’atmosfera. (Kaushik Panchal/Shutterstock.com)

Gli scienziati si sono interrogati sulla possibilità di utilizzare l’asciugatura intenzionale della stratosfera terrestre come strategia per affrontare la crisi climatica, affiancando l’importanza di ridurre drasticamente l’utilizzo dei combustibili fossili. Quando si parla di gas serra, spesso si pensa all’anidride carbonica e al metano, due delle emissioni più dannose prodotte dall’attività industriale umana. Tuttavia, il vapore acqueo naturale è il gas serra più diffuso e responsabile del ritenere una considerevole quantità di calore nell’atmosfera terrestre.

In un recente studio condotto dai ricercatori del NOAA Chemical Sciences Laboratory, si è ipotizzato la possibilità di raffreddare la Terra disidratando la stratosfera, la parte superiore dell’atmosfera, al fine di eliminare il vapore acqueo trappola di calore. Una delle metodologie proposte consisterebbe nel dispersare particelle nell’atmosfera, creando una superficie sulla quale l’umidità possa condensare in cristalli di ghiaccio, favorendo così la formazione di pioggia e la rimozione del vapore acqueo.

Il vapore acqueo puro non ha la capacità di formare facilmente cristalli di ghiaccio, pertanto è necessario un “seme”, come una particella di polvere, per avviare il processo di cristallizzazione. Joshua Schwarz, fisico ricercatore presso il NOAA Chemical Sciences Laboratory e autore principale dello studio, ha sottolineato l’importanza di questo concetto.

Considerando che una grande quantità di vapore acqueo entra nell’atmosfera intorno ai tropici, dove le temperature elevate favoriscono l’evaporazione, la squadra di ricerca ha identificato il Punto Freddo del Pacifico Occidentale (WCP) come una regione chiave per il progetto. Quest’area, grande quanto l’Australia, rappresenta il principale punto di ingresso del vapore acqueo trasportato nella stratosfera.

Attraverso l’utilizzo di dati osservativi e modelli informatici, gli scienziati hanno valutato l’impatto che la dispersione di nuclei di ghiaccio nell’aria supersatura del WCP potrebbe avere sul clima globale. Sebbene abbiano concluso che il nuovo approccio di geoingegneria potrebbe contribuire a raffreddare il pianeta, l’effetto sarebbe limitato rispetto all’impatto delle emissioni di gas serra generate dall’attività umana.

Nonostante il potenziale beneficio, Schwarz ha sottolineato che l’effetto sarebbe “molto piccolo”. Pertanto, sebbene la tecnica proposta non sia sufficiente da sola per contrastare il cambiamento climatico, i ricercatori ritengono che potrebbe rappresentare un elemento importante all’interno di un più ampio portfolio di strategie di intervento climatico.

Tuttavia, la prospettiva di risolvere le problematiche ambientali attraverso la geoingegneria è oggetto di accese controversie, poiché l’interferenza con sistemi complessi come il clima terrestre potrebbe comportare conseguenze impreviste. Inoltre, tale approccio non affronta il nucleo del problema legato all’utilizzo dei combustibili fossili, limitandosi a trattare i sintomi anziché la causa sottostante.

Di fronte a queste criticità, un gruppo di scienziati ha sollecitato i governi a istituire un moratorio globale sugli sforzi di geoingegneria climatica. Lo studio dettagliato è stato pubblicato su Science Advances, offrendo spunti di riflessione e dibattito sulla delicata questione della manipolazione intenzionale del clima terrestre.

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