Saturno ha gigantesche tempeste che durano per centinaia di anni

Sembra che Giove non sia l’unico pianeta a ospitare grandi tempeste. Un nuovo studio condotto da astronomi delle Università della California e del Michigan negli Stati Uniti ha dimostrato che anche Saturno ha intense megatempeste, i cui effetti permangono nell’atmosfera del pianeta per centinaia di anni. Secondo gli autori, le megatempeste di solito si verificano ogni 20 o 30 anni. Sono simili agli uragani sulla Terra, ma, ovviamente, sono significativamente più grandi e hanno una differenza importante rispetto a quelli sul nostro pianeta: nessuno sa con certezza cosa causi queste tempeste su Saturno. Per studiarli, il team ha lavorato con le onde radio, che consentono di studiare cosa c’è sotto lo strato di nubi che ricopre i giganti gassosi. Le emissioni di Saturno hanno rivelato qualcosa di intrigante: c’erano anomalie nella concentrazione di ammoniaca gassosa, e questo sembra essere correlato al verificarsi di megatempeste nell’emisfero settentrionale del pianeta. L’atmosfera di Saturno è composta principalmente da idrogeno ed elio, ma contiene anche piccole quantità di metano, acqua e ammoniaca. Secondo il team, l’ammoniaca si trova in concentrazioni inferiori alle medie latitudini, appena sotto uno strato di ammoniaca e nuvole di ghiaccio. Ad altitudini inferiori, da 100 a 200 chilometri nell’atmosfera, mostra ancora una maggiore concentrazione.

Queste variazioni sembrano essere il risultato del trasporto dell’ammoniaca dall’atmosfera superiore a quella inferiore mediante processi di precipitazione ed evaporazione, che possono durare per centinaia di anni. Quindi, anche se Saturno e Giove si compongono da idrogeno, i due giganti gassosi hanno grandi differenze. Mentre Giove ha anomalie troposferiche legate alle sue bande, queste non hanno nulla a che fare con le tempeste, come accade, invece, su Saturno. Le significative variazioni tra i due potrebbero aiutare gli scienziati a comprendere i processi alla base delle megatempeste, aiutandoli anche a comprenderli negli esopianeti.

Fonte: https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.adg9419