Florida: un fulmine colpisce un albero e crea un nuovo materiale fosforoso

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Fonte: Twitter/@xandaolp

Nel 2012 un fulmine colpì un ha albero a New Port Richey, in Florida, e nelle vicinanze si formò un pezzo di roccia fusa e terra dal peso di 500 grammi. Le persone della zona che trovarono ciò, erano ignari di avere tra le mani una miniera d’oro scientifica. Il materiale è stato analizzato da un professore dell’Università del Sud della Florida, scoprendo che il fulmine aveva provocato la formazione di un nuovo materiale fosforoso.

Fu il professore Matthew Pasedella, a rendersi davvero conto che valeva la pena indagare sul quel nuovo materiale che si creò dall’esplosione dell’albero colpito da un fulmine. Il geoscienziato Matthew Pasek, in una dichiarazione ha spiegato che: Quando un fulmine colpisce un albero, il terreno in genere esplode e l’erba circostante muore, formando una cicatrice e inviando una scarica elettrica attraverso la roccia, il suolo e la sabbia vicini, formando folgoriti, noti anche come fulmini fossilizzati”.

Scientificamente la folgorite risulta essere un ammasso vetroso, di forma tubulare e vuoto all’interno, che si forma dall’energia rilasciata da un fulmine o da una simile scarica elettrica su di un terreno sabbioso ricco di quarzo.

Così il team di ricerca decise di studiare minerali insoliti che trasportano l’elemento fosforo, soprattutto quelli formati dai fulmini, per capire meglio i fenomeni ad elevata energia. Pasek poi spiegò: “È importante capire quanta energia ha il fulmine perché sappiamo come un fulmine possa creare molti danni in media e quanto sia pericoloso. La Florida è la capitale mondiale dei fulmini e la sicurezza dei fulmini è importante. Se il fulmine è abbastanza forte da fondere la roccia, può certamente sciogliere anche le persone”.

Infine, gli autori pensarono che il nuovo materiale fosforoso si sia formato quando un fulmine causò la combustione di radici ricoperte di ossido di ferro. Ciò innescò una catena di processi che ridussero parzialmente il fosfato di calcio. Lo studio è stato poi pubblicato su Communications Earth and Environment.