Un team di scienziati ha realizzato una batteria del sangue che supporta fino a 30 giorni di carica

La prima “batteria al sangue” è stata realizzata da team di studiosi dell’Università di Cordoba, in grado di catalizzare della reazione elettrochimica. Il dispositivo è in grado di funzionare dai venti ai trenta giorni e potrebbe svolvere importanti applicazioni nel campo medico.

Un team di ricercatori dell’Università di Cordoba ha realizzato il primo prototipo mai creato di “batteria al sangue”, cioè alimentato dall’emoglobina che ha il ruolo di catalizzatore della reazione elettrochimica. Il dispositivo può funzionare per un periodo che va dai venti ai trenta giorni e potrebbe trovare importanti applicazioni in campo medico. L’emoglobina è una proteina che si trova nei globuli rossi ed è responsabile del trasporto dell’ossigeno dai polmoni ai vari tessuti del nostro organismo e per questo ha notevole affinità chimica con l’ossigeno. Per questo gli scienziati hanno analizzato la possibilità che fosse in grado di avere anche un ruolo importante anche per una tipologia di dispositivo elettrochimico dove l’ossigeno risulta fondamentale. Ed in effetti i dati hanno confermato le aspettative dimostrando come l’emoglobina possa svolgere un’azione nel processo di ossidoriduzione (trasferimento di elettroni) attraverso cui viene prodotta energia. Così gli esperti sono riusciti a realizzare il primo prototipo di batteria biocompatibile usando l’emoglobina nella reazione elettrochimica che trasforma l’energia chimica in elettrica. L’emoglobina, in particolare, svolge il ruolo di catalizzatore della reazione, ovvero un “facilitatore” che accelera la reazione: quando l’aria entra nella batteria, l’ossigeno si riduce e lo zinco. Questa reazione, dovuta a un trasferimento di elettroni, viene facilitata proprio dall’emoglobina che, come accade nel nostro corpo, “trasporta” l’ossigeno accelerando il processo.

Per svolgere l’azione di catalizzatore nella reazione di riduzione dell’ossigeno (cioè il processo con il quale l’ossigeno acquista elettroni.), il catalizzatore deve possedere due proprietà – annuncia Manuel Cano Luna, studioso a capo del team – Deve assorbire in tempi ristretti le molecole di ossigeno formando quelle di acqua con facilità. E l’emoglobina è in grado di farlo. Grazie a questo meccanismo, gli esperti sono riusciti a far funzionare la batteria biocompatibile con soli 0,165 milligrammi di emoglobina per un periodo tra 20 e 30 giorni.” Oltre ad essere efficiente, il prototipo di batteria sviluppato ha dimostrato di avere altri vantaggi. Innanzitutto si tratta di batterie più sostenibili ed in grado di resistere a condizioni atmosferiche, a differenza di altre batterie le cui funzionalità diminuiscono con l’umidità e che hanno bisogno di un ambiente inerte per la loro realizzazione. Inoltre, l’utilizzo dell’emoglobina come catalizzatore biocompatibile potrebbe essere moto utile per lo sviluppo di apparecchi medici integrati al copro umano, come i pacemaker. In ogni caso essendo un prototipo, la batteria all’emoglobina può essere ancora potenziata.

Fonte

https://pubs.acs.org/doi/10.1021/acs.energyfuels.3c02513