Studio del Queensland: Long COVID e sindromi post-virali

Studio del Queensland evidenzia correlazioni tra Long COVID e sindromi post-virali, sottolineando l’importanza della ricerca e del supporto ai pazienti.

medico indossa mascherina, visiera e altri dispositivi di protezione individuale; l'immagine è in bianco e nero; tiene la mano sulla fronte con gli occhi chiusi per indicare stanchezza
Le persone segnalano una vasta gamma di sintomi dopo il COVID-19, tra cui annebbiamento mentale, stanchezza e mancanza di respiro. (Boyloso/Shutterstock.com)

Il Long COVID è una realtà concreta, testimoniata dalle esperienze di coloro che continuano a lottare con sintomi persistenti dopo aver contratto il virus. Tuttavia, nuovi dati suggeriscono che potrebbe non essere una condizione isolata. Durante un prossimo convegno, un team di esperti, tra cui il Chief Health Officer dello stato del Queensland, in Australia, presenterà evidenze che indicano una possibile correlazione tra il Long COVID e altre sindromi post-virali.

Lo studio condotto ha coinvolto oltre 5.000 individui di età superiore ai 18 anni residenti nel Queensland, tutti affetti da sintomi respiratori che hanno richiesto un test PCR per il COVID-19 e l’influenza. Tra i partecipanti, quasi la metà ha ricevuto una conferma positiva per il COVID-19, mentre gli altri erano divisi tra coloro che avevano contratto l’influenza (995 persone) e coloro che erano risultati negativi per entrambe le infezioni (1.718).

I primi test sono stati eseguiti nel maggio e giugno del 2022, durante il picco stagionale dell’influenza in Australia. Un anno dopo, i partecipanti sono stati seguiti e hanno compilato un questionario sui sintomi persistenti che stavano ancora sperimentando. Si è scoperto che il 16% dei partecipanti aveva ancora problemi persistenti, di cui il 3,6% riportava un impatto moderato-severo sulla loro vita quotidiana.

Analizzando i dati raccolti, gli scienziati hanno considerato vari fattori come età, sesso e appartenenza a una comunità indigena, che potrebbero influenzare la probabilità di sviluppare il Long COVID o una sindrome post-virale. I risultati hanno rivelato che non c’era una differenza significativa nei tassi di sintomi persistenti tra coloro che avevano contratto il COVID-19, l’influenza o una malattia respiratoria di origine sconosciuta.

Il dottor John Gerrard, Chief Health Officer del Queensland, ha sottolineato che in sistemi sanitari con alte percentuali di vaccinazione, il Long COVID potrebbe essere sembrato una malattia più grave a causa del gran numero di casi di COVID-19 durante la pandemia. Questi risultati evidenziano l’importanza di confrontare gli esiti post-COVID-19 con quelli delle altre infezioni respiratorie e di approfondire la ricerca sulle sindromi post-virali.

Le implicazioni di questi risultati sono significative. Molti ritengono che le sindromi post-virali siano un ambito di ricerca trascurato, a discapito dei pazienti. Le esperienze dei malati di Long COVID hanno portato l’attenzione su condizioni simili come la ME/CFS (encefalomielite mialgica/sindrome da fatica cronica), spingendo per una maggiore consapevolezza e migliori opzioni di trattamento.

Il dottor Billy Hanlon, direttore della difesa e dell’assistenza per la Minnesota ME/CFS Alliance, ha sottolineato la necessità di maggiori risorse per affrontare queste malattie croniche che spesso sono state trascurate nel finanziamento della ricerca.

La ricerca del Queensland mette in luce la necessità di considerare il Long COVID come parte di un ampio spettro di condizioni post-virali che richiedono maggiore supporto e finanziamenti per la ricerca. Alcuni esperti concordano con questa visione, sottolineando che il Long COVID potrebbe non essere una condizione autonoma, ma parte di una serie di sindromi post-virali.

Altri, tuttavia, sollevano dubbi sulla metodologia dello studio e contestano l’affermazione che il termine “Long COVID” possa generare paura e confusione. È importante considerare che il dibattito su questo argomento continuerà, ma il fatto che se ne stia discutendo è un passo avanti positivo.

Oggi, 15 marzo 2024, si celebra il secondo International Long COVID Awareness Day, sottolineando l’importanza di affrontare la questione del Long COVID. Con la diffusione della vaccinazione e l’evoluzione del virus, è probabile che il numero di persone colpite dal Long COVID diminuirà nel tempo, offrendo una prospettiva positiva per il futuro.

Questo studio del Queensland, presentato al Congresso Europeo di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive 2024, rappresenta un contributo significativo alla comprensione del Long COVID e delle sindromi post-virali, evidenziando la necessità di approfondire ulteriormente la ricerca in questo campo.

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