Paziente zero: un tedesco ha portato il Coronavirus in Europa

Secondo gli ultimi dati si tratterebbe di un trentenne.

E’ una notizia di poche ore fa che un uomo di 33 anni, tedesco, potrebbe essere stato il primo europeo ad essere stato contagiato dall’infezione del nuovo coronavirus trasmettendola agli altri. La notizia, inizialmente riportata in una missiva di dottori tedeschi al giornale New England Journal of Medicine a fine gennaio e poi aggiornata, ha ricevuto una conferma da una ricerca pubblicata sul sito open source Nextstrain e guidata da Trevor Bedford, professore associato al Department of Genome Sciences e al Department of Epidemiology all’Università di Washington, negli Stati Uniti. Il giovane ha registrato i sintomi respiratori e febbre alta già il 24 gennaio. Le manifestazioni più gravi si sono successivamente si affievolite e il 27 gennaio l’uomo è tornato al lavoro. Tra il 20 e il 21 gennaio ha preso parte ad un meeting nel quale c’era una collega proveniente da Shanghai, anch’essa rimasta in Germania dal 19 al 22 gennaio senza accusare alcun sintomo, ma registrando i primi segni della patologia durante il volo di ritorno in Cina, dove è stata trovata positiva al virus 2019-nCov. Il 27 gennaio ha informato amici e parenti tedeschi delle propria positività e in Germania hanno avuto inizio i test sui colleghi che avevano avuto rapporti con lei, tra cui l’uomo di 33 anni, risultato positivo al virus nonostante non avesse più i sintomi. Il 28 gennaio sono stati trovati positivi altri tre impiegati della stessa compagnia, che avevano avuto contatti con l’uomo quando era asintomatico.

«È da sottolineare— dichiarano gli autori della comunicazione scritta sulla lettera — che sembra che l’infezione è trasmessa nel periodo di incubazione, quando i sintomi, in quel caso, risultavano ancora lievi e non specifici; un elemento che mostra come il virus venga trasmesso anche dopo la scomparsa dei sintomi”. Secondo Walter Ricciardi, rappresentante del Comitato esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: ‘‘tutto ciò ci deve far capire l’importanza della sorveglianza dei pazienti dimessi dopo ospedalizzazione”.