Paleontologia: risolto il mistero dell’uomo dei cervi rossi

Il DNA ottenuto da un cranio di 14.000 anni trovato in Cina suggerisce che appartenesse a un essere umano moderno imparentato con i nativi americani

Un team di archeologi ha scoperto un grande gruppo di ossa risalenti a circa 14.000 anni fa in una grotta nella provincia dello Yunnan, nella Cina meridionale, più di tre decenni fa. Tra i resti c’era un teschio con un raro mix di caratteristiche arcaiche e moderne. La forma somigliava a quella dei Neanderthal e il cervello sembrava essere più piccolo di quello degli umani moderni. Di conseguenza, alcuni ricercatori hanno pensato che appartenesse probabilmente a una specie umana sconosciuta vissuta fino a tempi relativamente recenti o ad una popolazione ibrida di umani arcaici e moderni. Vennero chiamati gli “uomini dei cervi rossi”, dal nome dell’animale estinto di cui si nutrivano. Ora, per la prima volta, i ricercatori hanno sequenziato con successo il genoma di questi antichi fossili del Pleistocene dal DNA antico estratto dal cranio. Il lavoro, pubblicato giovedì sulla rivista Current Biology, suggerisce che il misterioso ominide appartenesse a un lignaggio materno estinto di un gruppo di umani moderni che potrebbe aver contribuito all’origine dei nativi americani. I loro attuali discendenti si trovano nell’Asia orientale, nella penisola dell’Indocina e nelle isole del sud-est asiatico.

L’antica tecnica del DNA è uno strumento davvero potente“, afferma Bing Su dell’Accademia cinese delle scienze e autore dello studio. Ci dice definitivamente che i cervi rossi ”erano esseri umani moderni piuttosto che una specie arcaica, come i Neanderthal o i Denisoviani, nonostante le loro caratteristiche morfologiche insolite”, spiega. Il team ha confrontato il genoma di questi fossili con quello di persone provenienti da tutto il mondo scoprendo che le ossa appartenevano a un individuo profondamente legato all’ascendenza dei nativi americani dell’Asia orientale. In combinazione con i dati di ricerche precedenti, questa scoperta ha portato il team ad ipotizzare che alcuni individui dell’Asia sud-orientale abbiano viaggiato a nord lungo la costa dell’odierna Cina orientale attraverso il Giappone e abbiano raggiunto la Siberia decine di migliaia di anni fa. Hanno quindi attraversato lo stretto di Bering tra i continenti dell’Asia e del Nord America e sono diventati i primi popoli a raggiungere il Nuovo Mondo. La scoperta mostra anche che durante il tardo Pleistocene, gli ominidi che vivevano nell’Asia orientale meridionale erano caratterizzati da una ricca diversità genetica e morfologica, maggiore rispetto a quelli dell’Asia orientale e settentrionale durante lo stesso periodo. Secondo Su, ciò suggerisce gli umani che arrivarono per la prima volta nell’Asia orientale si stabilirono inizialmente nel sud prima che alcuni di loro si spostassero a nord. “Questa è una prova importante per comprendere la prima migrazione umana“, dice. Successivamente, il team prevede di sequenziare il DNA umano più antico utilizzando fossili dell’Asia sudorientale, in particolare quelli che precedono i Red Deer Men. “Tali dati non solo ci aiuteranno a ottenere un quadro più completo di come sono migrati i nostri antenati, ma conterranno anche informazioni importanti su come gli esseri umani cambiano il loro aspetto fisico adattandosi agli ambienti locali nel tempo, come le variazioni del colore della pelle in risposta a cambiamenti nell’esposizione alla luce solare”, dice.