Il percorso straordinario di Tim Friede e la sua audace auto-envenomazione
Tim Friede è un autodidatta che ha intrapreso un viaggio unico e pericoloso, iniettandosi volontariamente il veleno di serpente per ben 856 volte in un arco di diciotto anni. Questo comportamento, che molti considererebbero folle, ha portato a risultati sorprendenti nel campo della medicina. Gli scienziati sono riusciti a sviluppare un antiveneno per serpenti estremamente efficace grazie alle sue esperienze. La storia di Friede inizia nella sua giovinezza, quando ha cominciato a collezionare serpenti domestici. Spinto dalla curiosità e dalla voglia di esplorare i limiti del corpo umano, ha iniziato a iniettarsi il veleno dei suoi animali, diluendolo e somministrandolo ripetutamente. Questo approccio ha aperto la strada a scoperte scientifiche che potrebbero rivoluzionare il trattamento dei morsi di serpente.
Un episodio drammatico e la conferma della sua audacia
Un episodio particolarmente drammatico si è verificato quando Friede ha subito due morsi di cobra in un intervallo di un’ora. Questa esperienza traumatica ha rischiato di costargli la vita. “Praticamente sono andato in arresto cardiaco e sono morto,” ha raccontato, riflettendo sull’accaduto. “Non è stato divertente. Avevo accumulato abbastanza immunità per un morso, ma non per due. Ho completamente sbagliato.” Invece di considerare questo evento come un segnale per abbandonare il suo pericoloso hobby, Friede ha interpretato la sua sopravvivenza come una conferma della sua auto-envenomazione. Ha deciso di proseguire con il suo regime, esponendo il suo sistema immunitario a una serie di veleni letali. Attraverso iniezioni e morsi, le sue cellule B, i globuli bianchi responsabili della produzione di anticorpi, hanno affrontato tossine provenienti da elapidi, viperidi e persino mamba neri.
Documentazione delle esperienze e l’attenzione scientifica
Come molti giovani avventurosi dei primi anni 2010, Friede ha documentato le sue esperienze, caricando i video su YouTube. “Non guardate questo a meno che non vogliate vedere un uomo morso da un taipan della Papua Nuova Guinea e da un mamba nero in rapida successione,” avverte nei suoi filmati. Questo progetto personale avrebbe potuto facilmente guadagnargli un premio Darwin, o almeno un’apparizione in un programma come Jackass. Tuttavia, la sua audacia ha portato a risultati sorprendenti: le sue cellule hanno iniziato a produrre anticorpi in grado di proteggerlo dai veleni che stava testando. Oggi, Friede è ancora vivo e i suoi anticorpi unici sono stati utilizzati in modo innovativo, attirando l’attenzione di Jacob Glanville, un immunologo e CEO della compagnia biotecnologica Centivax.
Lo sviluppo di un antiveneno innovativo
Grazie agli anticorpi iperimmuni di Friede, Glanville e il suo team di scienziati hanno sviluppato un antiveneno che, in esperimenti di laboratorio, ha dimostrato di proteggere i topi dal veleno di ben 19 diverse specie di serpenti, tutte classificate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come tra le più letali al mondo. Tradizionalmente, gli antiveneni vengono creati raccogliendo gli anticorpi da pecore o cavalli che sono stati ripetutamente esposti al veleno di una singola specie di serpente. Questo approccio spiega perché gli antiveneni siano spesso specifici per una determinata specie e regione, rendendo difficile la preparazione di un kit di pronto soccorso universale. Inoltre, poiché gli anticorpi non provengono da esseri umani, esiste sempre il rischio di reazioni avverse.

Anticorpi unici e potenziale di protezione universale
L’antiveneno derivato dal sangue di Friede, al contrario, ha il potenziale di offrire protezione contro una gamma più ampia di specie, con minori complicazioni. Il team ha isolato due diversi anticorpi da Friede. Il primo, denominato LNX-D09, ha dimostrato efficacia contro sei delle specie di serpenti testate sui topi. Quando combinato con un farmaco chiamato varespladib, l’antiveneno ha protetto i topi da altre tre specie di serpenti. Il secondo anticorpo, SNX-B03, ha fornito almeno una protezione parziale contro l’intero pannello di veleni testati. “Quando siamo arrivati a tre componenti, abbiamo ottenuto una protezione totale senza precedenti per 13 delle 19 specie e una protezione parziale per le restanti,” afferma Glanville. “Ci siamo chiesti: ‘Qual è quel quarto agente?’ Se riuscissimo a neutralizzarlo, potremmo ottenere ulteriore protezione.”
Prospettive future e test clinici
Il lavoro del team si è concentrato su una vasta famiglia di serpenti velenosi, nota come elapidi, e potrebbe rivelarsi efficace anche contro altre specie di quella famiglia non ancora testate. In futuro, il team spera di sviluppare un antiveneno simile per l’altra grande famiglia di serpenti, i viperidi. “Stiamo preparando i reagenti per passare attraverso questo processo iterativo, definendo qual è il cocktail minimo sufficiente per fornire una protezione ampia contro il veleno dei viperidi,” spiega il biologo Peter Kwong della Columbia University. Prima che l’antiveneno possa essere reso disponibile per l’uso umano, saranno necessari rigorosi test clinici. Nel frattempo, i ricercatori stanno pianificando di condurre prove sul campo per trattare i cani morsi da serpente che si presentano alle cliniche veterinarie in Australia. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati su Cell Press, segnando un passo significativo verso una nuova era nella lotta contro i veleni dei serpenti.