Scoperte sorprendenti sulla carenza di ferro e la determinazione del sesso nei mammiferi
Recenti ricerche condotte da un team di scienziati giapponesi e australiani hanno rivelato risultati straordinari riguardo alla relazione tra carenza di ferro durante la gravidanza e la determinazione del sesso nei mammiferi. Questo studio, realizzato dall’Università di Osaka in Giappone e dall’Università del Queensland in Australia, ha dimostrato che una significativa mancanza di ferro nell’utero può indurre topi geneticamente maschi, dotati di cromosomi XY, a sviluppare ovaie invece di testicoli. Questa scoperta sfida le teorie tradizionali, fornendo la prima evidenza nei mammiferi che fattori ambientali, e non solo genetici, possono influenzare il processo biologico di determinazione del sesso.
Il ruolo del gene SRY nella differenziazione sessuale
Sotto la guida del professor Makoto Tachibana, esperto di biologia all’Università di Osaka, il team ha scoperto che il gene SRY, localizzato sul cromosoma Y, gioca un ruolo cruciale nella differenziazione sessuale. In condizioni normali, la presenza di questo gene attiva la formazione di testicoli intorno alla sesta settimana di sviluppo embrionale. Tuttavia, in assenza di SRY, le gonadi si sviluppano in ovaie. I ricercatori hanno osservato che una riduzione del 60% della concentrazione di ferro a livello cellulare ha interferito con questo processo, silenziando il gene SRY in un momento critico dello sviluppo. Questa scoperta apre nuove strade per comprendere le dinamiche della biologia sessuale nei mammiferi.
Esperimenti e risultati significativi
Durante gli esperimenti, il team ha analizzato un campione di 39 topi geneticamente maschi nati da madri con carenza di ferro, scoprendo che sei di essi avevano sviluppato ovaie completamente formate. Un ulteriore esemplare presentava caratteristiche intersessuali, con un’ovaia e un testicolo. Risultati analoghi sono stati ottenuti in ulteriori esperimenti in cui le madri ricevevano un farmaco in grado di rimuovere il ferro dal corpo, confermando ulteriormente l’importanza dei livelli di ferro nello sviluppo sessuale. In questo caso, cinque su 72 embrioni maschili hanno mostrato lo sviluppo di organi sessuali femminili. Peter Koopman, professore emerito all’Università del Queensland, ha sottolineato che non era mai stata scientificamente dimostrata prima un’influenza dietetica così diretta sulla determinazione del sesso.
Il legame tra carenza di ferro ed epigenetica
I ricercatori hanno ipotizzato che il fenomeno osservato possa essere legato all’epigenetica, un campo di studio che analizza le modifiche chimiche del DNA che influenzano l’espressione genica senza alterare il codice genetico stesso. In questo contesto, la carenza di ferro ha impattato un enzima noto come Lisina demetilasi 3A (KDM3A), il quale è fondamentale per l’attivazione del gene SRY. Senza un adeguato apporto di ferro, l’enzima non riesce a svolgere la sua funzione, portando alla disattivazione del gene e, di conseguenza, a una deviazione nello sviluppo sessuale. Questa scoperta potrebbe avere implicazioni significative per la comprensione della biologia dello sviluppo.
Implicazioni per la gravidanza e la salute delle donne
Sebbene i risultati siano attualmente limitati ai topi e non siano stati condotti studi sugli effetti di tali scoperte sulle gravidanze umane, Koopman ha avvertito che le implicazioni potrebbero essere molto più ampie. La carenza di ferro colpisce circa il 40% delle donne in gravidanza, e fino ad ora non era stata considerata un fattore in grado di influenzare la determinazione del sesso nell’embrione. Il professore ha concluso affermando che potrebbe esserci un rischio di inversione del sesso per un sottoinsieme di donne in gravidanza già predisposte a carenze di ferro. I ricercatori ora intendono approfondire se meccanismi simili possano esistere anche negli esseri umani e in quali condizioni i livelli di ferro possano influenzare lo sviluppo fetale precoce. I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, segnando un passo importante nella ricerca sulla salute materna e fetale.