Recenti analisi genomiche condotte su campioni oceanici hanno portato all’identificazione di oltre 200 nuovi virus giganti, invisibili alla microscopia convenzionale e fino a oggi sconosciuti. Questi virus, rilevati in ambienti marini di varia natura, possiedono genomi molto più grandi rispetto ai virus tipici e mostrano una complessità genetica sorprendente. Ciò che li distingue non è solo la loro dimensione, ma anche la loro capacità di interferire direttamente con i processi metabolici degli organismi ospiti. In particolare, questi gigavirus attaccano principalmente il fitoplancton, organismi microscopici che svolgono un ruolo cruciale nella fotosintesi marina e nella produzione di ossigeno. Alcuni di questi virus contengono geni associati alla fotosintesi, alla glicolisi e alla regolazione del ciclo del carbonio, suggerendo un’influenza diretta sul funzionamento cellulare del fitoplancton stesso. La scoperta è avvenuta grazie a tecnologie avanzate di sequenziamento e a strumenti di analisi computazionale in grado di scansionare grandi quantità di dati metagenomici. I ricercatori hanno costruito un nuovo sistema di classificazione basato sulla struttura genetica dei virus, permettendo di mappare la loro diversità e diffusione negli oceani.
Questi virus giganti sembrano distribuiti globalmente, presenti sia in acque costiere che in regioni oceaniche profonde. La loro interazione con il fitoplancton potrebbe avere un ruolo regolatore nei processi ecologici marini, inclusi eventi di fioritura algale e cicli biogeochimici fondamentali per il clima terrestre. L’identificazione di tali entità amplia significativamente la comprensione della virosfera marina e apre nuovi interrogativi sul ruolo ecologico e evolutivo dei virus nei sistemi acquatici. Inoltre, la loro complessità genetica li rende candidati per applicazioni future nel campo della biotecnologia e della bioinformatica. L’esistenza di una tale varietà di virus giganti suggerisce che gli oceani ospitano una biodiversità microbica ancora largamente inesplorata. La loro presenza silenziosa ma influente nel cuore delle reti trofiche marine sottolinea l’importanza di continuare a indagare gli ecosistemi acquatici con strumenti sempre più raffinati.