La scoperta straordinaria di Ercolano
Un uomo, vittima dell’eruzione devastante del Vesuvio avvenuta quasi 2.000 anni fa, ha lasciato un’eredità sorprendente. Recenti studi sui suoi resti hanno rivelato un frammento di vetro scuro, rinvenuto all’interno del suo cranio, che in realtà rappresenta il suo cervello, trasformato in vetro attraverso un processo di vitrificazione. Questo fenomeno, avvenuto in circostanze eccezionalmente rare, si è verificato una sola volta, a quanto ci risulta, nella città di Ercolano nel 79 d.C.
Il team di ricerca e le analisi condotte
Un team di ricerca, guidato dal vulcanologo Guido Giordano dell’Università Roma Tre, ha condotto un’analisi chimica e fisica approfondita del materiale prelevato dal cranio di un corpo umano sepolto a Ercolano durante l’eruzione. I risultati hanno fornito prove convincenti riguardo alla composizione del materiale, caratterizzato da vetro organico creato a temperature elevate.
Un caso unico di conservazione
Questo processo di conservazione non ha precedenti documentati per tessuti umani o animali. Le condizioni necessarie affinché la materia organica si trasformi in vetro sono così rare che i resti di Ercolano rappresentano un caso unico. Quando i resti furono scoperti, inizialmente furono accolti con scetticismo dalla comunità scientifica.
Le sfide della vitrificazione
Il principale ostacolo alla vitrificazione dei materiali organici risiede nella necessità di un rapido riscaldamento e raffreddamento. Il vetro è classificato come un solido amorfo, caratterizzato da un’architettura atomica disordinata. I ricercatori hanno prelevato campioni di vetro dal cranio e dalla colonna vertebrale della vittima di Ercolano, utilizzando diverse tecniche analitiche, tra cui:
- Microscopia elettronica a scansione (SEM)
- Calorimetria differenziale a scansione (DSC)
- Spettroscopia a raggi X a dispersione di energia (EDS)
Risultati delle analisi
L’analisi SEM ha rivelato la presenza di neuroni e altre strutture neurali ben conservate. La DSC ha mostrato le temperature necessarie per la formazione del vetro, mentre altre tecniche analitiche hanno fornito informazioni dettagliate sulla microstruttura del materiale. Dallo studio è emerso che il cervello dell’uomo doveva essere stato esposto a temperature di almeno 510 gradi Celsius.
Le colate piroclastiche e la formazione del vetro cerebrale
Le colate piroclastiche dell’eruzione, che raggiunsero una temperatura massima di soli 465 gradi Celsius, non potevano essere responsabili della vitrificazione. Tuttavia, i ricercatori ipotizzano che una nube di cenere surriscaldata potrebbe aver intrappolato la vittima, superando la soglia di 510 gradi necessaria per vitrificare il cervello.
Conclusioni e implicazioni della ricerca
I risultati di questo studio sono in linea con un articolo pubblicato nel 2023, che ha registrato temperature iniziali tra i 500 e i 555 gradi Celsius. Il tessuto cerebrale analizzato rappresenta l’unico caso noto di vitrificazione preservata di tessuto umano. Questo fenomeno spiega perché si tratti di un evento unico, capace di preservare la struttura neurale ultra-fine del cervello. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati nella rivista Scientific Reports, contribuendo a una comprensione più profonda delle conseguenze dell’eruzione del Vesuvio.
