Secondo una nuova analisi dell’archeologo Jun Yi Wong dell’Università di Toronto, la distruzione delle statue della regina-faraone Hatshepsut potrebbe non essere stata un atto di vendetta da parte del nipote e successore Thutmose III, come si è a lungo creduto. Hatshepsut governò l’Egitto dal 1479 al 1458 a.C., inizialmente come reggente e poi come faraone a pieno titolo. Dopo la sua morte, molte statue furono ritrovate danneggiate, ma alcune in buone condizioni, con i volti intatti. Wong ha scoperto che i danni spesso corrispondono a una pratica rituale chiamata “disattivazione”, usata per neutralizzare il potere simbolico delle statue, rompendole in punti strategici come collo, vita e ginocchia.
Inoltre, molte statue furono riutilizzate come materiale da costruzione, contribuendo al loro degrado nel tempo. Sebbene Hatshepsut sia stata oggetto di cancellazione postuma, Wong sostiene che le azioni di Thutmose III potrebbero essere state dettate da motivi religiosi o politici, piuttosto che da odio personale. L’arte fiorì sotto il regno di Hatshepsut e il suo nome, cancellato dopo la morte, è stato riscoperto solo grazie a scavi archeologici secoli dopo.