Spazio: Voyager 1 registra un segnale spaziale interstellare

La sonda spaziale Voyager 1 della NASA ha analizzato Giove nel 1979 e poi Saturno alla fine del 1980. Nell’agosto 2012, ha attraversato l’eliopausa ed è diventata la prima sonda nel mezzo interstellare locale.

Lanciata nel 1977 la sonda Voyager-1 è ancora perfettamente funzionante ed in viaggio verso lo spazio esterno del Sistema Solare che ha raggiunto nel 2012 quando ha terminato l’attraversamento dell’eliopausa. Da allora, la sonda continua a battere nuovi record trasmettendo dati sul mezzo interstellare (il materiale rarefatto costituito da gas e polveri collocato tra le stelle in una galassia) nel quale si trova immerso. Come l’oceano, il mezzo interstellare è ricco di “onde” turbolente. Le più grandi sono il prodotto della rotazione della Via Lattea, altre dall’espansione dello spazio che ”si spalma su se stesso” generando ondulazioni di decine di anni luce. Increspature più piccole vengono prodotte dalle esplosioni di supernova con fenomeni che si sviluppano per miliardi di chilometri da una cresta all’altra. Le onde più piccole, di solito, provengono dal nostro Sole, attraverso le eruzioni solari. Queste onde che si infrangono rivelano indizi sulla densità del mezzo interstellare, un valore che influisce sulla nostra comprensione della forma della nostra eliosfera, di come si formano le stelle e persino della nostra posizione nella galassia. Poiché queste onde riverberano nello spazio, fanno vibrare gli elettroni intorno a loro, che risuonano a frequenze caratteristiche a seconda della loro densità. Maggiore è il tono del suono, più grande è la densità elettronica. Il Plasma Wave System di Voyager 1, che include due antenne che sporgono di dieci metri dietro la navicella spaziale, è stato progettato per sentire proprio questo particolare suono. “È molto debole e monotono, perché si trova in una larghezza di banda di frequenza stretta“, ha affermato Stella Koch Ocker, studioso del Dipartimento di Astronomia presso la Cornell University. “Stiamo rilevando il debole, persistente ronzio del gas interstellare, un fenomeno che ci consente di comprendere come lo spazio interstellare interagisca con il vento solare e come la bolla protettiva dell’eliosfera del Sistema Solare venga modellata e modificata dall’ambiente interstellare”.

Nel novembre 2012, tre mesi dopo l’uscita dall’eliosfera, la Voyager 1 ha captato per la prima volta dei ”suoni interstellari”. Sei mesi dopo, è apparso un altro “fischio”, questa volta più forte e persino più acuto. Questi fischi momentanei continuano a intervalli irregolari nei dati di Voyager di oggi. “Sono stati registrati solo una volta all’anno, quindi fare affidamento su questo tipo di eventi fortuiti significava che la nostra mappa della densità dello spazio interstellare rimaneva piuttosto scarsa“, ha aggiunto Ocker. I ricercatori hanno deciso di trovare una misura costante della densità media interstellare per colmare le lacune, che non dipenda dalle onde d’urto occasionali che si propagano dal Sole. Dopo aver filtrato i dati di Voyager 1, alla ricerca di segnali deboli ma coerenti, gli esperti hanno trovato un candidato promettente per la comprensione del fenomeno. Si tratta di un suono captato per la prima volta dal 2017 e da allora in costante crescita. “È praticamente un unico tono. E nel tempo, lo vediamo cambiare, ma il modo in cui la frequenza si muove ci dice come sta cambiando la densità del mezzo interstellare che sta attraversando la sonda“, ha aggiunto Ocker. Gli scienziati hanno indicato il nuovo segnale come un’emissione di onde di plasma. “Si tratta di un fenomeno davvero eccitante, perché ci consente di comprendere la densità dello spazio su un tratto molto ampio, l’area di spazio più grande che abbiamo finora studiato“, ha aggiunto il Ocker. L’analisi del fenomeno consente agli esperti di studiare efficacemente lo spazio oltre il nostro Sistema Solare, ad una distanza mai raggiunta da nessuna sonda. La densità del mezzo interstellare sta aumentando intorno a Voyager con una crescita di ben 40 volte dalle prime rilevazioni. ‘‘Ora sappiamo che non abbiamo bisogno di un evento fortuito legato al Sole per misurare il plasma interstellare”, ha affermato Shami Chatterjee, ricercatore presso il Dipartimento di Astronomia e il Cornell Center for Astrophysics and Planetary Science presso la Cornell University. “Indipendentemente da ciò che sta facendo il Sole, la Voyager sta inviando i dettagli sulla densità dello spazio che la circonda, in continua mutazione’‘.

Fonte:

https://www.nature.com/articles/s41550-021-01363-7