Fino a ventimila anni fa, gli esseri umani che abitavano le regioni circostanti la Baia di Biscaglia si dedicavano alla lavorazione di ossa di balena per la creazione di strumenti. Recenti ricerche hanno rivelato che la cultura magdaleniana non solo utilizzava le ossa di queste enormi creature marine, ma lo faceva attingendo a diverse specie, ben prima di sviluppare tecniche di caccia attiva. Questa scoperta arricchisce la nostra comprensione dei Magdaleni e offre uno spaccato dell’ecologia in evoluzione della Baia di Biscaglia, situata lungo le coste di Francia e Spagna. La lavorazione delle ossa di balena rappresenta un aspetto cruciale della vita quotidiana di queste popolazioni, evidenziando l’importanza delle risorse marine nel loro ambiente.
La scoperta archeologica e il suo significato
Jean-Marc Pétillon, archeologo dell’Università di Tolosa-Jean Jaurès e principale autore dello studio, ha espresso la sua sorpresa riguardo a queste scoperte. Ha dichiarato: “Sono un archeologo che ha sempre lavorato con faune terrestri. Sono abituato a scavare in siti situati ai piedi dei Pirenei, dove il periodo magdaleniano ha lasciato un’impronta significativa, soprattutto attraverso l’arte rupestre che ritrae principalmente ungulati come cavalli, bisonti e cervidi”. Ciò che colpisce di più è la scoperta di quanto il mare e gli animali marini fossero cruciali per le popolazioni di quel tempo, suggerendo una connessione profonda tra gli esseri umani e l’ambiente marino.

La cultura magdaleniana e il suo contesto
La cultura magdaleniana, che prosperò tra i 19.000 e i 14.000 anni fa, occupava sia le aree costiere che quelle interne dell’Europa occidentale, in un periodo che si avvicinava alla conclusione dell’ultima era glaciale. Sebbene abbiano lasciato un ricco patrimonio archeologico, le evidenze sono limitate. Gli antichi habitat costieri sono particolarmente vulnerabili all’erosione e ai cambiamenti ambientali. La maggior parte delle informazioni sull’uso delle risorse marine proviene da siti interni, dove i reperti sono stati trasportati nel corso del tempo. Questo rende le scoperte recenti ancora più significative, poiché offrono nuove prospettive sulla vita dei Magdaleni e sul loro rapporto con l’ambiente marino.
Strumenti e tecniche di lavorazione
Da siti interni, gli archeologi hanno recuperato oltre 150 strumenti e punte di proiettile realizzati in osso di balena, presumibilmente di origine atlantica. Questi reperti sono stati rinvenuti in un’area che si estende dall’Asturia fino alla parte centrale della catena montuosa dei Pirenei settentrionali. È importante notare che le tecniche di caccia e navigazione per la cattura delle balene non sarebbero state sviluppate fino a migliaia di anni dopo. Pertanto, è probabile che le ossa siano state raccolte opportunisticamente da balene arenate sulle spiagge. I Magdaleni utilizzavano poi questi materiali per fabbricare strumenti, in particolare punte di proiettile, dimostrando una notevole adattabilità e ingegnosità.

Materiali e preferenze nella lavorazione
Durante quel periodo, l’osso di corna, proveniente da renne o cervi rossi, era la principale materia prima per la creazione di punte, grazie alla sua maggiore resistenza e malleabilità rispetto all’osso di mammiferi terrestri. Tuttavia, la presenza di punte realizzate in osso di balena suggerisce che questo materiale fosse preferito in alcune circostanze, probabilmente a causa delle sue dimensioni imponenti. Alcune punte in osso di balena superavano i 40 centimetri, una dimensione difficile da ottenere con l’osso di corna. Questa preferenza per l’osso di balena evidenzia l’importanza delle risorse marine nella vita quotidiana dei Magdaleni.

McGrath et al, Nat. Commun., 2025
Metodologie moderne per la ricerca archeologica
Per approfondire la comprensione dell’uso dell’osso di balena e dei tempi di lavorazione, i ricercatori hanno impiegato due tecniche moderne: la paleoproteomica e la datazione al micro-carbonio. La paleoproteomica analizza i peptidi di collagene in campioni antichi per identificare le specie, mentre la datazione al micro-carbonio è una variante della datazione al radiocarbonio che richiede quantità minori di materiale. Grazie a queste metodologie, gli studiosi hanno datato gli strumenti in osso a un intervallo compreso tra 16.000 e 20.000 anni fa. Almeno cinque diverse specie di grandi balene, tra cui la balena spermato, la balena blu e la balena comune, hanno fornito le loro ossa per la tecnologia magdaleniana, offrendo un’importante finestra sull’ecologia della regione durante l’ultimo periodo glaciale.
Implicazioni ecologiche e culturali
Pétillon ha commentato: “Il nostro studio evidenzia una notevole diversità di specie di balene nel Golfo di Biscaglia, nel nord-est dell’Atlantico, in quel periodo”. La maggior parte delle specie identificate, come la balena spermato, la balena blu e la balena comune, è ancora presente oggi nell’Atlantico settentrionale. Tuttavia, ciò che ha colpito maggiormente Pétillon è stata la continuità delle specie di balene, nonostante le significative differenze ambientali tra il tardo Pleistocene e l’epoca attuale. Al contrario, le faune continentali di quel periodo erano molto diverse, con ungulati come renne, antilopi saiga e bisonti, tutti scomparsi dall’Europa occidentale. Questo mette in evidenza l’importanza delle balene come risorsa per le popolazioni magdaleniane.
Adattamenti e cambiamenti nella dieta delle balene
Un aspetto interessante emerso dall’analisi degli isotopi di carbonio e azoto, assorbiti dagli animali durante l’alimentazione, è che le balene di quel tempo avevano una dieta leggermente differente rispetto a quelle della stessa specie oggi. Sebbene non sia possibile determinare con certezza il significato di questa differenza, potrebbe suggerire variazioni nei modelli migratori o nella disponibilità di cibo, dimostrando un certo grado di adattabilità a circostanze in evoluzione. Questo aspetto offre spunti interessanti per comprendere come le popolazioni umane e animali si siano adattate ai cambiamenti ambientali nel corso della storia.
Conclusioni e prospettive future
I ricercatori ritengono che la presenza delle balene nella Baia di Biscaglia rappresentasse un’importante risorsa per la cultura magdaleniana, offrendo opportunità che non potevano essere trascurate. Anche se gli arenamenti di balene non erano eventi frequenti, avrebbero contribuito a un insieme di vantaggi che la vita costiera poteva offrire, influenzando i modelli di mobilità umana nella regione. “Questo risultato è affascinante e stratificato, sottolineando l’importanza di riesaminare oggetti già raccolti e scoprire quali nuove informazioni possano emergere grazie a tecniche analitiche moderne”, ha concluso Pétillon. La ricerca è stata pubblicata su Nature Communications, contribuendo a una comprensione più profonda della cultura magdaleniana e delle sue interazioni con l’ambiente marino.