Il cuore della Terra batte ancora: scoperta una risalita inquietante nelle profondità

Una risalita anomala di materiale dal mantello sotto l’Oman rivela tracce di antiche croste oceaniche sommerse milioni di anni fa.

Le prove arrivano da campioni di basalto oceanico, prelevati in una zona dove, sulla carta, non dovrebbe esserci niente di anomalo. Eppure, quegli stessi campioni raccontano una storia diversa: livelli strani di elementi come il niobio, combinati con isotopi del molibdeno e rapporti chimici che si vedono di solito solo in prossimità delle zone di subduzione. Solo che lì, la subduzione non c’è mai stata. O forse sì, ma milioni di anni fa. Studiando la composizione e mettendola a confronto con modelli sismici e tettonici, i ricercatori sono giunti a una conclusione affascinante: sotto l’Oman sta risalendo un frammento antico della Terra stessa, un pezzo di crosta oceanica sepolto da ere geologiche e ora rimescolato nel mantello.

È un fenomeno raro, ma non del tutto imprevisto. I geologi lo sospettavano da tempo, ma non avevano mai avuto una prova così chiara. La particolarità, stavolta, è che questo materiale “riciclato” sembrerebbe aver conservato alcune caratteristiche originali, pur essendo stato inglobato in una risalita calda e lenta. Il risultato? Un segnale chimico ibrido, che parla sia del profondo mantello che della crosta antica. Ciò che rende questa scoperta ancora più interessante è il modo in cui cambia la nostra idea dei plumes. Finora si pensava fossero colonne dirette e pure di materiale profondo, simili a camini di calore che salgono dal confine tra nucleo e mantello. Ma qui vediamo qualcosa di più caotico, più “terrestre”, se vogliamo: un flusso che mescola materia nuova e vecchia, come se la Terra, nel suo lento ribollire, non potesse fare a meno di rimescolare anche i propri ricordi geologici. Raccontare questo tipo di scoperta non è solo un esercizio accademico. È un modo per ricordare che il nostro pianeta è vivo, non solo in superficie, ma fin nelle sue profondità invisibili. E che anche sotto terre aride e apparentemente immobili come quelle dell’Oman, la storia della Terra continua a scriversi, una molecola alla volta. Lo studio è stato pubblicato su Science Alert.