Spazio: quali conseguenze avrebbe l’esplosione di una supernova ‘vicina’ alla Terra?

Seppur rare, le esplosioni di supernove hanno già colpito il nostro pianeta con effetti significativi sugli ecosistemi.

L’esplosione di una supernova è uno degli eventi più violenti che possono verificarsi nello spazio. Anche la Terra è stato coinvolta, in un lontano passato, da questo tipo di fenomeno con stravolgimenti sugli ecosistemi. Ora il rischio che il nostro pianeta venga travolto da un’esplosione di una supernova è praticamente zero, almeno per i prossimi secoli. Basti pensare che nella nostra galassia esplodono tre supernove nell’arco di cento anni. L’unica stella che, entro 10.000 anni, potrebbe esplodere è Betelgeuse, a 643 anni luce dalla nostra posizione. Nel caso di esplosione, la stella apparirebbe nello spazio più luminosa della Luna, senza altre conseguenze per il nostro pianeta. Ma cosa accadrebbe se una supernova esplodesse ad una distanza molto più ravvicinata? In passato eventi di questo genere hanno modificato anche l’evoluzione umana. E di certo accadrà di nuovo.

Spazio: quali conseguenze avrebbe l’esplosione di una supernova ‘vicina’ alla Terra?

Con l’arrivo della fine del ciclo vitale di una stella, il corpo celeste collassa, rilasciando nello spazio gli strati di gas esterni. I raggi gamma sono responsabili della maggior parte degli effetti avversi che una supernova può provocare sul nostro pianeta con la radiolisi dell’azoto e ossigeno biatomico (N2 e O2) nell’atmosfera superiore. Il processo porta alla conversione dell’azoto molecolare e ossigeno in ossidi di azoto, esaurendo lo strato di ozono con la conseguenza di esporre la superficie alle radiazioni solari e cosmiche. A pagarne le spese sarebbero soprattutto i fitoplancton e la barriera corallina a causa di un processo che potrebbe compromettere la base della catena alimentare nel mare. I raggi gamma prodotti dalle esplosioni di supernove si verificano, in media, due o più volte per miliardo di anni; uno di questi ha provocato causa dell’estinzione alla fine dell’Ordoviciano con la morte del 60% della vita nell’oceano.