Nel corso degli scavi effettuati tra il 2017 e il 2018 in un cimitero romano a Nida, un’antica città vicino a Francoforte, in Germania, gli archeologi hanno scoperto un amuleto d’argento con un’iscrizione cristiana, che rappresenta la più antica prova archeologica del cristianesimo a nord delle Alpi. Questo manufatto risale al III secolo, precisamente tra il 230 e il 270 d.C., e fornisce una testimonianza diretta del cristianesimo in una regione dove le evidenze religiose cristiane fino ad ora risalivano al IV secolo.
Il ritrovamento è stato fatto in una tomba che conteneva i resti di un uomo di circa 35-45 anni. Accanto a corredi funerari come un incensiere e delle ceramiche, gli archeologi hanno trovato una piccola lamina d’argento arrotolata sotto il mento del defunto. Questo amuleto, probabilmente indossato al collo su un nastro, è classificato come filatterio, un tipo di contenitore protettivo utilizzato nell’Antichità per custodire scritti religiosi o magici.
La decifrazione dell’iscrizione è stata possibile grazie all’uso della tomografia computerizzata, una tecnologia avanzata che ha permesso di “srotolare” digitalmente il fragile rotolo senza danneggiarlo. Il testo latino, composto da 18 righe, è stato tradotto in inglese e si rivela un raro esempio di invocazioni cristiane risalenti a questa epoca. L’iscrizione include espressioni come “Nel nome di Gesù Cristo, Figlio di Dio” e “Santo, santo, santo!”, oltre a una citazione quasi letterale dalla Lettera di Paolo ai Filippesi (Fil. 2:10-11). Il testo fa anche riferimento a San Tito, un discepolo di Paolo, rafforzando l’importanza della figura cristiana già nelle prime fasi della diffusione della religione.
Ciò che rende questo ritrovamento davvero straordinario è la purezza cristiana del testo. Mentre gli amuleti di epoca romana spesso contenevano un mix di simboli religiosi cristiani, ebraici e pagani, l’assenza di riferimenti a divinità pagane o ebraiche e la presenza esclusiva di simboli cristiani suggerisce una devozione molto forte verso la nuova religione. Questo aspetto è particolarmente significativo, considerando che il sincretismo religioso era comune all’epoca, quando molte persone praticavano più fedi contemporaneamente.
La scoperta dell’Iscrizione d’argento di Francoforte ha implicazioni rilevanti non solo per l’archeologia, ma anche per la comprensione del cristianesimo primitivo. Fino a questa data, le fonti storiche suggerivano la presenza di comunità cristiane nella Gallia e in Alta Germania alla fine del II secolo, ma le prove archeologiche a nord delle Alpi erano limitate al IV secolo. Questo nuovo ritrovamento sposta la cronologia dei primi cristiani nella regione di circa 50 anni, portando la nascita del cristianesimo nella zona a una data più precoce.
Nida, la località dell’antica città romana dove è stato ritrovato l’amuleto, non era un semplice avamposto periferico. Era un centro vivace e ben collegato dell’Impero Romano, influenzato da una varietà di correnti culturali e religiose. La scoperta solleva nuove domande su come il cristianesimo si sia diffuso e prosperato in un contesto così dinamico, mettendo in evidenza il ruolo di Nida come punto di congiunzione tra differenti tradizioni religiose.
Inoltre, questo ritrovamento mette in luce i progressi tecnologici compiuti nella conservazione e analisi dei reperti archeologici. Grazie alla collaborazione tra diverse istituzioni, tra cui il Leibniz Center for Archaeology (LEIZA), l’Archaeological Museum di Francoforte e l’Università Goethe di Francoforte, è stato possibile effettuare una scansione ad alta risoluzione del fragile amuleto e ricostruirne digitalmente la forma senza danneggiarlo.
La scoperta dell’Iscrizione d’argento di Francoforte è un contributo significativo alla comprensione del cristianesimo primitivo e offre una finestra sulla vita religiosa nel III secolo. Essa non solo conferma la presenza di pratiche cristiane nel cuore dell’Europa romana, ma suggerisce anche un contesto culturale in cui il cristianesimo si è radicato molto prima di quanto si pensasse, aprendo
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