Per anni, gli scienziati hanno osservato con preoccupazione un’anomalia nell’Oceano Atlantico: una vasta area a sud della Groenlandia che, a differenza del resto del pianeta in rapido riscaldamento, si è raffreddata di circa 0,3 °C nell’ultimo secolo. Questo fenomeno, chiamato “Buco di Riscaldamento del Nord Atlantico”, sembrava sfidare le attuali conoscenze sul cambiamento climatico. Una nuova ricerca, pubblicata il 28 maggio sulla rivista Communications Earth and Environment, ha finalmente chiarito l’origine di questo raffreddamento: si tratta di un effetto diretto del rallentamento della Circolazione Meridionale Atlantica (AMOC), un vasto sistema di correnti oceaniche che trasporta acqua calda dai tropici verso nord e acqua fredda verso sud.
I ricercatori, guidati da un team dell’Università della California a Riverside, hanno combinato dati storici su temperatura e salinità dell’oceano con 94 modelli climatici per capire cosa stesse accadendo. Hanno scoperto che solo i modelli che includevano un indebolimento dell’AMOC riuscivano a replicare il raffreddamento osservato. Questo ha risolto un dibattito di lunga data, in cui alcuni scienziati attribuivano il fenomeno a cause atmosferiche, come l’inquinamento da aerosol, piuttosto che a fattori oceanici. Il rallentamento dell’AMOC è considerato dagli esperti un segnale preoccupante, perché rappresenta un cambiamento profondo in un pilastro del sistema climatico globale. Secondo i climatologi, l’AMOC si è già indebolita del 15% rispetto al suo stato precedente all’era industriale, e si teme possa ridursi di un ulteriore 20% entro il 2100. Alcuni ipotizzano anche un suo possibile collasso, anche se non è chiaro quando – o se – questo accadrà.
Le conseguenze di un indebolimento dell’AMOC sono potenzialmente enormi: cambiamenti nei modelli meteorologici in Europa (piogge, venti, temperature), impatti sugli ecosistemi marini, alterazioni nella distribuzione delle specie, e perfino possibili effetti a catena su altri sistemi climatici globali. Come ha spiegato l’oceanografo Nicholas Foukal, il vero interrogativo non è se il cambiamento avverrà, ma quanto sarà grave e se avremo il tempo di adattarci.